Per la categoria I LOVE MIRRORLESS, oggi ospitiamo un fotografo-musicista di valore, Giacomo Arezzo di Trifiletti. Leggiamo la sua storia e perché ha deciso di sostituire quasi completamente il suo corredo reflex Nikon con un corredo mirrorless micro 4/3 Panasonic. Giacomo Arezzo di Trifiletti è a mio modo di vedere, una persona di "successo". Non soltanto per gli importanti risultati professionali raggiunti, ma soprattutto come uomo e padre. Giacomo è una persona attiva, positiva e di grande cultura. Un uomo che comunemente definiremmo "di valore". In effetti, con Giacomo oltre alla passione per la fotografia, per la cultura condivido soprattutto i valori. Giacomo ha un approccio alla fotografia che potrei definire "pittorico suggestivo". Collezionista di natura, Giacomo stampa tutte le sue opere su carta fine-art. Pur godendosi la fotografia come piacere, periodicamente organizza mostre per vendere le sue opere. In quest'intervista ci racconta un po' di sé e come si è avvicinato al mondo mirrorless. Ciao Giacomo, parlaci un po’ di te.., come e quando è nata la passione per la fotografia? Ho 66 anni, sono nato a Palermo ma vivo a Roma da moltissimi anni. Sono laureato in giurisprudenza, ho lavorato come Segretario Generale di vari Comuni per 30 anni e come Dirigente Generale al Ministero dei beni culturali per 10 anni. Sono un Magister Artis dell'Unesco, per cui conto periodicamente ho girato il mondo come relatore in convegni internazionali su Arte e problematiche sociali. Oggi mi godo la meritata pensione ridando spazio alle mie vere passioni: la musica e la fotografia. Da ragazzo, a Palermo, mi fu regalata una Kodak Instamatic. Andai da fotografo sotto casa per cercare di capirci qualcosa e lui mi disse che, per prima cosa, avrei dovuto girare per la città con un telaietto vuoto di diapositiva appoggiato all'occhio. Precisò "Così imparerai a selezionare ciò che per te è più interessante ". Dopo qualche mese mi spiegò i concetti di tempo e diaframma. Quelle lezioni non le ho mai dimenticate e di esse faccio tesoro ogni volta che esco a fotografare. Come definiresti la tua fotografia? Cosa cerchi in un’immagine? La fotografia è, per me, vera passione. Al pari della musica. E come quando compongo musica immagino, e secondo l'intenzione, scatto. È un modo di vivere, di camminare, di calpestare suoli che diversamente mai conoscerei, di scoprire odori. Mi piace molto la fotografia paesaggistica e la natura morta. Mi sforzo di trovare attimi altrimenti nascosti o sconosciuti. Tutto è fotografabile, dipende dalle nostre intenzioni. Tutto dipende da quello che vogliamo esprimere di ciò che abbiamo visto, per come lo abbiamo visto. Nella natura morta cerco ancor di più la luce, pur se coi mezzi non proprio professionali che ho. La luce è tutto. Ripensando al tuo modo di fotografare in questi anni come si è evoluto il tuo approccio alla fotografia? Piano piano, studiando le foto dei Maestri, ho cercato di ritagliarmi uno spazio che potesse rendere 'identificabili' le mie fotografie. Ho imparato a considerare il corredo fotografico come uno strumento musicale (nel mio caso la chitarra): le note (le immagini) sono lì, aspettano soltanto che tu le catturi. Ecco, io cerco di fermare la natura per quello che è: uno splendido mistero! Ricorro poco alla post produzione (se non finalità volutamente artistiche), sia per rispetto di chi guarderà le mie foto sia, soprattutto, per rispetto della natura stessa. Vedo in giro troppa manipolazione elettronica delle immagini. Questa non è fotografia, è qualcos'altro, sicuramente una forma artistica, anche di grande livello, ma non è più fotografia. Prima di un servizio quanto è importante per te essere preparati e sapere cosa andrai a fotografare? Tenere una relazione ad un convegno internazionale senza essersi documentati è pura follia. Allo stesso modo, conoscere il posto, la sua storia, le sue abitudini, l'ora migliore, il comportamento degli uomini e degli animali è essenziale per conferire originalità al proprio lavoro fotografico. Per questi motivi la mia prima visita è per lo più esplorativa è mai conclusiva del lavoro che intendo portare a termine. Giacomo, parliamo un po' della tua attrezzatura, per anni hai utilizzato un corredo Nikon, oggi hai iniziato a fotografare con Leica e Panasonic, puoi dirci cosa ti ha spinto? Possiedo ancora la Nikon D800, bestiolina difficile da gestire (specie a causa del micromosso sempre in agguato) ma che, da quanto ho dato via gli obiettivi Nikon che avevo ( il 16-35 f4 e il 70-200 f4) per sostituirli col Sigma 24-104 f4 Art, mi ta regalando attimi di vera goduria. Per le nature morte uso la D800 con Nikon 50 mm f 1,8 che reputo un vero gioiello. Per La macro uso il Nikon 105 mm f 2,8, un vero rasoio. L'aspetto che definirei ostacolante più che negativo delle reflex è la loro trasportabilità: portarsi per un giorno intero oltre due chili di attrezzatura diventa, specie alla mia età, davvero problematico. Così tre anni fa ho eciso di acquistare una Leica D Lux. Peso minimo, risultati eccellenti. La lente Summilux di questa mirrorless lascia veramente sbalorditi. Se questa macchina avesse qualche pixel in più e il display orientabile sarebbe la mia macchina definitiva. Possiedo anche una Panasonic G80 che mi consente maggiore versatilità.....per la schiena col suo display orientabile, accoppiata ad un 14-140 f 3,5-5,6, al 20 mm f 1,7 e, soprattutto al Leica Panasonic Nocticron 42,5 f 1,2. Su quest'ultima ottica è obbligatorio spendere due parole. Nella mia vita ho provato di tutto e, all'epoca della pellicola, posseduto di tutto in tema di ottiche. Questa, a mio avviso, è ineguagliabile. La nitidezza che offre, anche a tutta apertura, la resa dell'incarnato e lo sfuocato lasciano letteralmente senza fiato. Provare per credere! Secondo la tua esperienza, un corredo mirrorless in cosa fa la differenza rispetto ad un sistema reflex? Il peso e la conseguente trasportabilità. E, nella Street, la discrezione anche allo scatto. Cosa ti manca delle reflex e cosa miglioreresti? Per l'uso cui destino la mia Nikon (solo still life), direi che non mi manca nulla e penso che la D800 sia difficilmente migliorabile in termini significativi. Per coloro che ancora hanno dei dubbi se fare il grande salto abbracciando sistemi mirrorless, tu cosa consiglieresti? Provare, provare e provare. La Leica DLux regge bene fino a 3200 ISO, ha un sensore da favola e una resa del colore in perfetto stile Leica. La Panasonic G80 specie se accoppiata ad ottiche di qualità regala immagini fantastiche. Direi che il divario fra i due sistemi si è oltremodo attenuato e che oggi la scelta di deve basare più su quanto il fotografo è disposto.....alla fatica! Giacomo tu hai la buona abitudine di stampare le tue opere su carta fine art. Puoi spiegarci come mai? I clienti a cui vendi le tue opere apprezzano la differenza? Più conosco fotografi e più vedi che si è perso il gusto della stampa. Tutti fotografano tutto e conservano le loro foto nello smartphone o nel computer. Vista la precarietà di questi supporti, che si possono rompere, deteriorare, perdere, l'unico rimedio è la stampa, almeno delle foto migliori. Temo che non ci sia più il gusto del ricordo. Certamente quelli della mia generazione ricorderanno i fotografi sotto casa cui le nonne si rivolgevano per il ritocco delle foto degli avi sbiadite dal tempo. Nei prossimi anni rimarrà tutto questo? Io credo nella forza del ricordo visivo cartaceo, che ritengo insostituibile. Ricorro alla stampa fine art perché è l'unica che mi garantisce qualità e durata nel tempo. Certamente è una stampa che costa di più di quella tradizionale, ma ne vale la pena. Ed i miei clienti sono estremamente soddisfatti, una volta informati sulla differenza abissale che esiste fra stampa fine art e stampa tradizionale. Aggiungo che le mie foto vengono sempre incorniciate col vetro antiriflesso, altro punto di grande forza del procedimento di vendita. Basta spiegare con semplicità ed il cliente, almeno per la mia esperienza, paga volentieri un costo maggiore. |
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