L'intervista a filippo chiesa:
Filippo Raccontaci un po' di te, da dove vieni, cosa fai?
Professionalmente parlando, nasco come fotografo. Nel ’98, in parallelo, ho deciso di portare avanti anche la parte legata alle immagini in movimento e da quel momento è diventato il mio lavoro principale.
Da piccolo giocavo con i proiettori e le macchine fotografiche, ma la vera consapevolezza è nata in età adulta, a ca. 20 anni. Ripensando ai tuoi lavori, in questi anni come si è evoluto il tuo modo di intendere il video? In questi anni il video si è evoluto in modo rapido e radicale. Mentre nella fotografia il passaggio dalla pellicola al digitale è stato chiaro fin da subito, nel mondo dell’immagine in movimento, soprattutto nel cinema, ha creato forti sacche di resistenza. Le motivazioni sono tante e dettate da motivi che, soprattutto oggi nel 2018, non condivido nella quasi totalità. Quali sono gli elementi fondamentali che rendono interessante per te il lavoro del videomaker? Quello del videomaker/filmmaker è un lavoro sempre più proiettato verso il futuro, ma sotto un certo punto di vista, “pericoloso”. Il nostro settore è sorretto da fragili equilibri. Ad alti livelli è ancora molto settoriale e, in molti casi, è giusto che lo rimanga. La figura del filmmaker, soprattutto quello veramente preparato, rompe un po’ le uova nel paniere sulle produzioni medie, nelle quali è spesso in grado di coprire più ruoli contemporaneamente. Dando per scontate le basi di fotografia e il talento personale, chi in questi 10 anni ha imparato a conoscere approfonditamente le moderne MDP, le ottiche, i codec e la loro gestione, i profili Log e i programmi di editing e color più diffusi, è notevolmente avvantaggiato rispetto a chi ha sempre e solo lavorato ad alti livelli, o con metodologie legate al passato. Mi ripeto per non essere frainteso: nel 90% dei casi, in produzioni dal budget elevato, per evidenti motivi legati ad una gestione solitamente imponente di mezzi e persone, il metodo di lavoro non è cambiato tanto dal passato, a parte l’introduzione di nuove figure legate al digitale (vedi il DIT). Secondo la tua esperienza, oggi per ottenere un buon risultato e soddisfare le esigenze dei clienti, quanto conta l’attrezzatura e cosa fa maggiormente la differenza? Mi sembra scontato che il saper interpretare ciò che il cliente desidera, saperlo consigliare, facciano ancora la differenza. Salvo casi particolari, oggi, non è più una questione di attrezzatura; anche quella a basso costo, riesce a restituire immagini di elevata qualità. Sta all’utilizzatore finale conoscerne limiti, pregi e difetti. Normalmente lavori in equipe? Dipende dal tipo di lavoro (vedi sopra). Se sì quali sono a tuo parere per il tuo lavoro le figure fondamentali? Le figure fondamentali su lavori ad alto budget sono le solite che si possono incontrare su qualsiasi set di quel genere. Nelle produzioni a basso budget, un elettricista, un macchinista, un focus puller, e un assistente sono sempre graditi, ma a volte si lavora anche da soli con un assistente. Secondo la tua esperienza quanta libertà creativa si riesce ancora ad avere rispetto alle indicazioni del cliente/agenzia? Si valuta da caso a caso. Fondamentalmente dipende tutto dal tipo di progetto, da chi è il cliente e dalle esigenze dell’agenzia. Che tipo di attrezzatura utilizzi per girare ed in particolare con cosa hai girato il filmato che ci vuoi presentare? Utilizzo di tutto. Possiedo una VariCam LT, una GH5S e altre camere Sony. La “color science” credo sia uno dei fattori più importanti nella scelta di una camera e, a mio gusto, Alexa e VariCam rimangono il top da questo punto di vista. Quanto è importante girare in 4k se lo è perché? Girare in 4K è molto importante ma non è tutto. Ricordiamoci che la maggior parte delle sale proiettano ancora in 2K. Vero anche che un 2K ricavato da un 4K regge sempre meglio il confronto rispetto al formato 2048 x 1080 nativo. Dal punto di vista della post produzione quali software utilizzi? Da Vinci Resolve Studio sta diventando sempre più il mio compagno più fidato. Come ti approcci alla color e alla color gradiente? Conoscendo bene tutto l’iter, in ripresa ho sempre in mente ciò che avverrà in post e ciò che potrà facilitarla. Come sai siamo in un periodo di forti cambiamenti tecnologici e professionali. Come pensi si evolverà il mondo dei video? specie professionale? Penso si possa già trovare la risposta alla domanda N. 4. Parlaci del tuo lavoro https://vimeo.com/255921627 Il Museo Ettore Guatelli è un posto magico che si presta a diverse interpretazioni. Si possono trovare analogie con altre culture. Questo è un aspetto che trovo molto affascinante. Il valorizzare oggetti rotti, apparentemente inutili, il trasporto in una dimensione fantastica parallela, mi hanno ricordato fin da subito la cultura nipponica. “La casa di Ettore Guatelli, non è solo un museo nel senso più classico del termine. E’ un viaggio sensoriale all’interno della mente del suo creatore. Al visitatore attento, non sfuggirà la tenda posta all’ingresso, realizzata con tappi di bottiglia che vanno a formare una stella, visibile chiaramente solo controluce. Una sorta di Stargate per un’altra dimensione, o più semplicemente, un “noren” (tenda giapponese utilizzata originariamente all’ingresso dei templi buddisti, che oggi possiamo trovare sulle porte di ristoranti e negozi, quando aperti al pubblico), che protegge la sacralità dell’ambiente e, allo stesso tempo, ci invita ad entrare. Il candore, la curiosità e l’intelligenza di un bambino, sono, probabilmente, tra le chiavi di lettura universali più interessanti. Guatelli dà e Guatelli prende in egual misura. La sua anima si riflette in quella del visitatore e viceversa. Lì dentro c’è un intero mondo”. Abbiamo notato questo girato e ci ha colpito e siamo contenti che tu abbia deciso di parlare di un film girato con un micro 4/3. Ci dai maggiori dettagli sul lavoro, su come lo hai girato, su cosa hai utilizzato per girarlo e quali pregi o difetti hai riscontrato dall'attrezzatura utilizzata? Ho utilizzato un’economicissima GH5S. Conoscendo bene la sorella, ho visto fin da subito che la nuova di casa Panasonic aveva dei numeri in più (non sto parlando degli ISO). La colorimetria è davvero migliorata e ho trovato alcune novità come il TC in/out davvero importanti. La mancanza di un sensore stabilizzato, per quanto mi riguarda, è un fattore che passa decisamente in secondo piano rispetto ai plus. La GH5S non è chiaramente come la mia VariCam LT, ma può essere tranquillamente un’ottima camera di supporto, meglio ancora della GH5, a mio parere. Tornando al video in oggetto, ho utilizzato pochissimi punti luce (uno o due al massimo), ma dall’elevato CRI esteso (fattore fondamentale per avere dei colori fedeli). |
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