Ciao Alfredo, ci fa piacere ospitare un fotografo che per molti anni ha vissuta la fotografia sia come passione che come lavoro. Raccontaci in sintesi la tua storia... Il mio primo approccio alla fotografia è avvenuto precocemente, quando, più per costrizione che per scelta, a dodici anni ho iniziato a fare da assistente a mio zio fotografo. Provengo, infatti, da una famiglia di fotografi matrimonialisti che si occupavano all'epoca di filmati, di fotografia e di stampa in camera oscura. In seguito però mi sono appassionato sinceramente a questo lavoro, nel quale ho lasciato confluire la mia anima sognatrice e romantica. Nell'Ottanta ho mosso i primi passi come fotografo autonomo, lavorando inizialmente con la biottica Rolleiflex. Nel contempo, mi occupavo anche di filmati girati su pellicola (super8), con cineprese Canon e Nizo, e del montaggio, che svolgevo con pressa incollatrice, pistatrice e moviola. Con il tempo le innovazione tecnologiche mi hanno portato alla prime telecamera professionali a tubi (JVS e SONY) e, nel campo della fotografia, alla Zenza Bronica e la Hasselblad in formato 6x6 e 4,5x6. In quegli anni a molto mi valsero alcune esperienze per le emittenti televisive nazionali come operatore di ripresa. Forse condizionato dalla mia storia familiare, ho da sempre visto fotografia e videoripresa come un binomio inscindibile. Ecco perché considero il passaggio alla Reflex 35 mm (Nikon), avvenuto negli anni Novanta, un vero e proprio punto di svolta nel mio approccio alla fotografia. La maggiore leggerezza del corpo macchina, rispetto alle 6x6, mi permetteva finalmente di scattare in modo più dinamico, muovendomi agilmente tra la gente, e consentendomi di portare nella fotografia la fluidità del video. Ed è questo quello che ho continuato a fare anche con l'avvento del digitale. Credo che alla mia crescita professionale abbia contribuito da sempre in maniera significativa il continuo scambio di idee, tecniche e conoscenze con un nutrito gruppo di colleghi amici. Oggi apprezzo molto anche la possibilità di trovare spazi di condivisione e confronto sul web, proprio come questo! Ti occupi di fotografia matrimoniale da tanti anni, per di più in una città che ha una grande tradizione di fotografi di matrimonio. Come hai visto cambiare questo tipo di fotografia? Negli anni '80 la fotografia matrimoniale era molto diversa da oggi. Con le vecchie attrezzature si preferiva lavorare in modo statico, magari con l'ausilio del cavalletto, privilegiando uno scatto posato e costruito. E questo è vero al punto che era usuale che i fotografi portassero con sé oggetti con i quali costruire una scenografia in casa degli sposi, soprattutto in case scarsamente arredate. Per gli esterni si sfruttavano al meglio le bellezze che la città offriva, dal lungo mare alle ampie piazze. Negli anni Novanta con le macchine in formato 35 mm si poteva lavorare anche nei suggestivi vicoli della città, più stretti e affollati, proponendo una fotografia diversa, e anche un nuovo punto di vista sulla città. Quando si scattava in pellicola bisognava essere molto precisi al momento dello scatto, curare l'esposizione, e sfruttare al meglio le luci anche per creare degli effetti di sfumatura. Il digitale ha portato con sé per molti fotografi l'interesse e l'entusiasmo per la manipolazione della fotografia "talvolta portandolo a livelli esasperati". D'altra parte il digitale ha anche estremamente velocizzato il nostro lavoro, concedendoci la possibilità di adeguarci ai ritmi talvolta frenetici della cerimonia e di triplicare e quadruplicare il numero di scatti. Dagli anni 2000 è diventato frequente che i fotografi matrimonialisti partecipassero a workshop di aggiornamento e approfondimento su varie tecniche fotografiche. E se al tempo della pellicola si studiavano soprattutto alle luci, la postura ... con l'avvetno del digitale i workshop si sono estesi all'elaborazione dello scatto. Intanto la continua innovazione tecnologica costringeva i fotografi a cambiare almeno ogni due anni attrezzature, a diffrenza di quanto avveniva con le macchine analogiche che avevano tempi di vita molto più lunghi. Tra le tecnologie introdotte nella fotografia matrimoniale solo negli ultimi anni è bene menzionare anche i droni, che sono attualmente adottati da molti sia per effettuare scatti dall'alto che riprese. Questa tendenza ha introdotto nuove figure professionali, i piloti di droni, a cui si rivolgono i fotografi interessati. Nelle tue foto cosa cerchi di trasmettere? Con i miei scatti cerco di cogliere l'emozione di un momento in modo da restituirla all'altro nella sua originaria spontaneità. E' per questo che prediligo il dinamismo e il movimento, ed è per questo che do molta importanza al momento in cui scatto più che alle successive manipolazioni della fotografia. Mi piace guardarmi molto intorno per raccontare di tutti i presenti, in modo che ognuno possa ritrovare ciò che ha vissuto, ma ha anche ciò di cui non si è accorto al momento, attraverso il mio punto di vista. Per essere un buon osservatore do molta importanza ai dettagli. In una casa ad esempio si trova molto più di quello che le persone raccontano apertamente. Ci sono indizi su ciò che amano, sulla musica che ascoltano, sulle loro passioni... Cerco di far confluire tutto questo nel mio racconto, perché sia il racconto di una storia oltre che di un giorno. E infine, mi piace instaurare un rapporto di fiducia e di simpatia con gli sposi e non solo, perché in questo modo riesco a far sentire le persone a proprio agio davanti all'obiettivo. Per fare un fotografo di matrimonio che opera in una grande città, cosa ritieni sia importante oltre al fattore prezzo? Bisogna essere osservatori e conoscitori delle mode che influenzano gli stili fotografici e la committenza stessa, traendo sempre il meglio dalle novità ma contemporaneamente impedendo che le tendenze del mercato ti trasformino fino a renderti facilmente sostituibile con chiunque altro, che sia un professionista o meno, anche perché la concorrenza è molta. Quando si scatta in esterno i tempi in città sono concitati e frenetici e il dinamismo metropolitano penetra all'interno della fotografia. Quindi il fotografo deve sapersi adeguare a questi ritmi, aiutandosi anche con attrezzature maneggevoli e pratiche. Dal punto di vista tecnico, se non sbaglio hai lavorato per tanti anni con attrezzatura Canon, poi hai deciso di accettare questa nuova sfida del mirrorless. Puoi raccontarci cosa ti ha spinto? Come ho detto per me è molto importante avere una macchina che mi permetta di approcciare sia alle foto che al video. L'ultima macchina Canon che ho avuto era una EOS 5D Mark IV. Delle Mirrorless mi ha da subito affascinanto la leggerezza del corpo macchina: apprezzo molto la possibilità di sentirmi più libero nei movimenti. Mi sono però convinto definitivamente ad accettare la sfida di Mirrorless quando ho provato la SONY A7 III che oltre al full frame offre i vantaggi della doppia slot per il video, del mirino attivo e del picking per il manual focus. Inoltre lo scatto con sensore stabilizzato permette di interloquire al meglio con i soggetti, guardando direttamente la scena. Tutto questo non va a scapito della qualità. Oggi l'autofocus delle mirrorless non è da meno rispetto a quelle delle Reflex, anzi, in certi casi è addirittura migliore. Anche la possibilità dello scatto silenzioso è interessante perché soprattutto in chiesa, consente di scattare senza disturbare la cerimonia. Dal punto di vista professionale hai trovato delle resistenze nell’usare attrezzatura mirrorless? Alcuni miei colleghi che adoperavano delle mirrorless micro 4/3 già da tempo, mi tenevano informato, facendomi notare vantaggi e qualità. Mi è sempre sembrato che avere tra le mani una macchina ingombrante inibisca le persone, creando una sorta di ostacolo tra il fotografo e i soggetti nella scena. Quindi mi sono subito reso conto dei vantaggi che una mirrorless poteva apportare al mio lavoro ma, pur vedendone le potenzialità mi bloccava l'assenza del fullframe, che per fortuna non è più un problema. . Ancora adesso ci sono amici che non approvano il mio passaggio perché continuano a ritenere le Reflex ammiraglie Canon come le macchine più affidabili ed importanti. Mi trovo quindi spesso a discuterne ancora! Cosa ti manca delle reflex? Non sento nessuna mancanza, in quanto credo di non aver rinunciato a nulla di ciò che avevo prima. Certamente ero molto abituato alla Reflex, quindi mi sto impegnando per raggiungere lo stesso grado di conoscenza del nuovo mezzo! Alfredo un’ultima domanda, come pensi si evolverà il mercato fotografico nei prossimi anni?
Mi aspetto che nel prossimo futuro, non lontano, le mirrorless soppiantino le Reflex nel campo cerimoniale poiché mi pare che i vantaggi siano evidenti e che i pregiudizi a riguardo possano essere facilmente superati. |
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